La scuola dell’infanzia di Sant’Andrea sviluppa un piano educativo orientato ad una finalità cristiana basata sui principi del Vangelo e condiviso dalle famiglie. L’impronta educativa che ne segue mira alla scoperta e al rispetto delle esigenze e dei bisogni di ciascun bambino, dei suoi ritmi e diritti pur non scordando che, all’ingresso nella Scuola dell’Infanzia, egli possiede un proprio bagaglio e una propria storia. Ogni bambino, quindi, viene considerato come protagonista dell’azione educativa, dove la “diversità” è vissuta come un valore e non un limite perché ogni persona è una creatura di Dio, un essere unico e speciale, da scoprire, conoscere e rispettare. Questa prospettiva fa da sfondo e dà senso alle finalità della Scuola dell’Infanzia stessa, ovvero la MATURAZIONE dell’IDENTITA’, la CONQUISTA dell’AUTONOMIA, lo SVILUPPO delle COMPETENZE, lo SVILUPPODEL SENSO DELLA CITTADINANZA.
Le proposte didattiche sono scelte, pensate, organizzate e valutate nella prospettiva di una formazione globale della persona, dove non ci limitiamo a trasmettere un sapere, ma ne godiamo insieme ai bambini attraverso l’esplorazione, la sperimentazione, il confronto e lo stupore. Questo amore per ciò che ci conosce è per noi la maturazione del sapere. Anche le abilità pratiche hanno spazio nella nostra proposta didattica, ma non limitata al semplice esercizio e alla ripetizione che sviluppa solo la precisione. Per noi essere abili significa saper usare in autonomia le conoscenze acquisite in modo adeguato alla richiesta della circostanza in cui ci troviamo. Il saper fare è strettamente legato alle competenze, ma anche alla capacità di adattarsi all’ambiente e alle necessità.
Il nostro desiderio è però portare i bambini ad un ulteriore passo avanti, quello del saper essere, essere presente per l’altro, essere attivo nel gruppo, essere collaborativo, essere disposto a mettere in gioco nella comunità il proprio sapere e il proprio saper fare, essere pronto ad accogliere l’altro come persona unica e irripetibile che attraverso il suo sapere e il suo saper fare mi può arricchire.
Ogni dimensione umana viene coinvolta in questo processo di crescita e di presa di coscienza di sé, quella fisico-corporea, quella mentale legata alle intelligenze (come vengono definite da Gardner) e quella spirituale.
In particolare,in questi ultimi anni i vescovi richiamano l’attenzione delle insegnanti verso una crescita e una maturazione autentica nella dimensione spirituale, mostrando un percorso educativo che può essere personale e individuale, ma anche comunitario ed educativo. Educare cristianamente diventa il frutto di un percorso di vita, anzi, diventa vita. Tutto ciò si traduce in un’attenzione maggiore alla relazione positiva che i bambini possono allacciare sia con gli adulti che con i compagni. È nello sperimentare la condivisione, il dialogo, l’apprendere in un ambiente disteso e positivo e l’accogliere l’altro che i bambini imparano ad assaporare la bellezza della Pace. Pace non intesa come assenza di conflitto, ma come proposizione di intenzioni e azioni volte a costruire nuovi legami significativi e arricchenti. Valorizzare il bambino e le sue abilità, e spronarlo nel metterle a disposizione del gruppo per portare a termine un progetto comune è allora un importante obiettivo dell’insegnante. Si darà quindi maggior spazio anche:
al dialogo, perché ogni bambino possa raccontarsi e conoscere l’altro attraverso l’ascolto
al confronto, perché esponendo pensieri diversi e azioni diverse il bambino può costruire la propria identità e imparare ad uscire dall’egocentrismo che lo caratterizza,
alla lentezza non intesa come flemmaticità, ma come appropriazione del tempo, perché la fretta genera confusione e superficialità mentre la lentezza porta la calma, l’ordine e l’attenzione.
Il nostro modo di programmare sarà di conseguenza adeguato allo stile educativo: dopo un percorso orientativo abbozzato all’inizio dell’anno dalle insegnanti, saranno poi le idee dei bambini, le loro curiosità, i loro bisogni a guidare e concatenare le esperienze e le proposte. La programmazione è flessibile e costruita man mano insieme ai bambini.
Nel testo che ha ispirato questo cambiamento, “Educare alla vita buona del Vangelo”, i Vescovi sottolineano come sia il modo di affrontare la quotidianità a essere fonte di esempio e di educazione cristiana.
I contenuti formativi sui quali viene costruito il PROGETTO EDUCATIVO seguono la normativa vigente.
L’EDUCAZIONE COME RELAZIONE
Educare ha per noi una prospettiva molto ampia, è certo un ex-ducere, un ‘tirar fuori’ i tesori che sono racchiusi nei bambini, ma è anche un prendersi cura di essi: dei bambini e dei loro tesori. Abbiamo negli scorsi anni riflettuto su cosa significhi “Prendersi Cura” e su “L’Educazione come Responsabilità nella Relazione”.
Restano ancor oggi molto motivanti per noi queste riflessioni: “Per poter accogliere veramente un bambino è importante considerare la relazione che si instaura con lui come frutto di una ‘consapevole vicinanza’ che vede l’insegnante mettere in atto tutte le strategie e le risorse possibili per conoscere e valorizzare le emozioni, i bisogni e le capacità del bambino. Questa è la base per la personalizzazione dell’azione educativa, stile e metodo educativi che vedono certamente al centro il bambino, come anche nell’educazione individuale, ma lo colgono attivo all’interno di una relazione ricca e qualitativamente positiva con l’adulto. Il compito dell’insegnante è quello di stare accanto al bambino fisicamente, emotivamente e mentalmente, valorizzando l’iniziativa e l’autonomia con lo scopo di dare riconoscimento all’identità e all’individualità di ciascuno.
È importante inoltre che l’insegnante ponga attenzione alla qualità del suo gesto, del suo porsi verso il bambino, perché è questo che racconta al bambino il Valore che egli ha ai suoi occhi. La fretta, la distrazione, piuttosto che la dolcezza, la gentilezza, l’accoglienza, la disponibilità, la fiducia traspaiono dal gesto dell’insegnante e parlano al bambino del mondo, di come il mondo lo vede e lo accoglie. Il bambino impara a conoscersi e a prendere consapevolezza di sé attraverso lo sguardo dell’insegnante su di lui,infatti il bambino si vede riflesso nello sguardo dell’adulto e in questa immagine impara a conoscersi.
È necessario perciò che lo sguardo dell’insegnante sia amorevole e conduca il bambino a conoscere “la Vita Buona” di cui parla Gesù nel Vangelo, perché è questo sguardo che fa la differenza.
Tutto questo però non è possibile se la scuola non “rallenta” e non si “sgancia” dalla frenesia che pervade la nostra società. Per dare senso al proprio tempo è necessario non lasciarsi travolgere dalla fretta, ma valorizzare il Fare del bambino in una prospettiva di “Scuola Slow”. Una scuola che nella calma e nella riflessione trova una nuova consapevolezza e un nuovo valore.” (Ipotesi Progettuale POF 2013-14)
La relazione di cui cercheremo di prenderci cura non sarà solo quella privilegiata tra insegnante e bambino, ma anche quella tra bambini, che scoprono di essere pronti per dare aiuto, supporto, contributo al gruppo o ad un compagno, e che si scoprono anche bisognosi in alcuni momenti di ricevere tutto ciò. Questo permette di valorizzare ogni bambino nella sua unicità; nelle sue qualità e nei suoi bisogni, rendendolo speciale agli occhi di sé stesso e dei compagni. L’insegnante che all’inizio sarà a volte un promotore o un mediatore di questa relazione, potrà infine godere della tenerezza dei gesti di cura spontanei dei bambini.